Paolo Ciani, attualmente Consigliere regionale del Lazio, nonché Vice-presidente della Commissione Sanità e Affari sociali e membro nella Commissione Casa, urbanistica e rifiuti – si candida alle primarie del centrosinistra con la sua lista Demos per la scelta del candidato sindaco di Roma del prossimo autunno.
Blasting News lo ha intervistato in esclusiva per avere alcuni pareri sulla gestione amministrativa della città e sulle scelte future.
Paolo Ciani, la sua visione di città
Dottor Ciani, vista la sua esperienza cattolica nel mondo della comunità di Sant’Egidio, consapevole della duplice anima della città di Roma casa della chiesa e al tempo capitale istituzionale, come pensa che le sue origini possano essere un valore aggiunto se dovesse essere eletto?
“L’esperienza con la Comunità di Sant’Egidio, che conosco da quando avevo 14 anni, mi ha mostrato una Roma accogliente, impegnata nel sociale, dinamica e attenta ai più fragili. La presenza di tante persone impegnate nell’associazionismo, cattolico e non, è una ricchezza preziosa per la Capitale. La pandemia ha inoltre mostrato l’importanza di tante associazioni che hanno sopperito alle lacune dell’amministrazione capitolina, aiutando concretamente migliaia di famiglie. Il futuro sindaco deve fare tesoro di questo capitale umano, coinvolgendolo nelle decisioni in ambito socio-assistenziale e promuovendo un dialogo costante. In questi anni abbiamo acquisito una grande esperienza della città e dei cittadini. Ed è per questo che penso di dovermi mettere in gioco.
D’altronde è lo stesso Papa Francesco ad indicarci la via, con la sua ultima enciclica “Fratelli Tutti”, vero manifesto politico, che ci richiama al grande tema della fraternità e al tema della coesione della città”.
Dopo Veltroni e i piani di zona da lui voluti, che si sono dimostrati in parte poco funzionali, nessuno ha più rimesso mano all’urbanistica di questa città seriamente.Viste le sue esperienze in Commissione Urbanistica della Regione Lazio, come pensa di risolvere tali lacune ovvero di disegnare una nuova idea di città? Quali interventi ritiene debbano essere fatti e in che tempi?
“La Regione Lazio in questo senso si sta dando molto da fare e dunque credo sia opportuno procedere in questa direzione. Abbiamo recuperato nell’ambito del decreto Cura Italia circa 56 milioni di euro per il completamento dei Piani di Zona in molti quadranti della città di Roma e dopo la firma del protocollo di intesa con il Comune, occorrerà realizzare i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria che mancano da circa 15 anni.
Quello che si sta cercando di fare è cercare di avviare questi interventi attraverso un percorso partecipato con i cittadini che vivono questi quartieri. È sicuramente necessario investire risorse ed energie per ricucire il tessuto urbano, in particolare nelle periferie, perché avere una casa è una ricchezza ma abitare una casa è un diritto ed è dunque fondamentale garantire a tutti i cittadini di vivere in un ambiente dignitoso favorendo condizioni di sicurezza e opportunità di lavoro e di incontro. Considerando che è stato messo in campo il più grande piano di interventi degli ultimi 30 anni possiamo dire di poter finalmente sperare in un futuro migliore per la nostra città”.
Un altro tema caldo, che vista la sua storia Politica nel sociale conoscerà bene, riguarda la questione sinti e rom e relativi campi dislocati ovunque a Roma. Che idea ha del concetto di superamento delle barriere mediante una più metodica integrazione culturale? Come intende procedere per quanto riguarda i suddetti campi?
“La questione dei sinti e dei rom è spesso stata strumentalizzata per fini politici.
È inutile e dannoso parlare propagandisticamente di sgomberi dei campi Rom (o peggio di “ruspa!”) Con questo non voglio dire che dobbiamo accettare passivamente la presenza dei campi, che al contrario devono essere superati in quanto sono luoghi precari e ghettizzanti, che nella loro precarietà sono anche generatori di comportamenti sbagliati particolarmente invisi alla popolazione circostante (come i roghi). Ci sono persone che vivono da decenni nei campi e vanno considerate come parte di quella cittadinanza in sofferenza abitativa. La soluzione al tema dei sinti e dei rom dev’essere ricercata attraverso l’inclusione abitativa delle famiglie”.
Questione stadio, la Roma si è ritirata dal progetto che avrebbe portato miliardi di investimenti nonché posti di lavoro, lei che opinione si è fatta circa i veri responsabili di questo? Lei cosa avrebbe fatto di diverso rispetto al percorso conosciuto?
“La vicenda dello stadio della Roma ha avuto un epilogo triste per i tifosi giallorossi ma ancor più per tutta la cittadinanza. L’uscente amministrazione ha indubbiamente delle colpe. Ciò che colpisce è l’atteggiamento ondivago circa la realizzazione di un’opera che, è bene ricordarlo, avrebbe visto l’afflusso di ingenti risorse private. In questi anni ci sono stati continui ripensamenti e altrettanti proclami. Alla fine però si deve constatare la mancata realizzazione del progetto che non rappresenta solo una perdita per l’A.S. Roma, ma mina la credibilità della Capitale agli occhi degli investitori privati”.
Il tema Ama
Dinanzi alle scuole spesso vi sono parchi che non vengono quotidianamente puliti, pur rappresentando in tempi di pandemia una risorsa per i bambini e i ragazzi, lei come intende affrontare il tema ambiente, conscio delle carenze di personale in Ama ma anche del problema dell’assenteismo nella pubblica amministrazione?
“È innegabile come a Roma occorra rimettere i servizi comunali più vicini ai cittadini e se questo è vero in generale, lo è anche con specifico riferimento al verde pubblico che rappresenta una ricchezza per Roma e che si ritrova in un totale stato di abbandono. Nel 1976 c’erano quasi 800 giardinieri comunali, oggi sono meno di 100 e le scelte di questi anni sul tema sono state evidentemente fallimentari. Per quanto riguarda l’Ama – che ci tengo a ribadire deve restare pubblica – è necessario farne un’amministrazione di prossimità, più umana e riconnessa al tessuto sociale, per questo più volte ho parlato delle Ama di municipio o di quartiere. In generale credo serva maggiore dialogo con i dipendenti comunali e delle municipalizzate che rappresentano una grandissima risorsa umana ma che troppo spesso entra in conflitto con l’amministrazione stessa.
Roma non può prescindere da un apparato burocratico che esiste e che deve essere rilanciato, quindi occorre incontrarli, parlarci, capire cosa non ha funzionato e dar loro il senso di un cambiamento, coinvolgendoli in una nuova fase della nostra città”.
Le primarie
Una curiosità sulle Primarie per le quali lei concorrerà: cosa pensa dei competitor attuali che a parte qualche nome non ancora confermato, la vedono a oggi confrontarsi con l’ex ministro Roberto Gualtieri e il giovane candidato Zevi? Chi teme di più nella corsa alle primarie?
“La mia candidatura penso e spero che possa rappresentare tanti cittadini romani che hanno perso speranza e fiducia in una politica che li ha delusi perché ha smarrito idealità, passione e visione del futuro.
Tra i nomi di possibili candidati vi sono amministratori che hanno già dimostrato una loro competenza, penso a Sabrina Alfonsi che conosco bene e che stimo, oppure Tobia Zevi, con cui ho un’amicizia decennale. Ora il tema però è quello della proposta che vogliamo avere ognuno di noi nei confronti della città. Per quanto riguarda la possibile candidatura di Gualtieri, un nome certamente autorevole, penso sia una buona notizia. Appena la sua candidatura sarà ufficiale bisognerà confermare le primarie e definire le modalità con cui si svolgeranno e, come ho già avuto modo di dire, io ci sono. Non si tratta di un problema di giudizio sulla persona ma di giudizio e di alternativa a una proposta politica, a una visione della città e anche la “rappresentazione plastica” di una coalizione che è plurale”.
Con le dimissioni di Zingaretti da segretario, si è aperta una crisi nel Pd che potrebbe portare a una destabilizzazione degli equilibri interni. Partendo dal fatto che essi di solito determinano la strategia del partito a carattere nazionale ma anche territoriale, come pensa che tutto ciò, a cominciare dal neo segretario Enrico Letta, potrà cambiare l’iter di avvicinamento alle amministrative?
“Sta nascendo un dibattito che va al di là del tema dei nomi, perché il vero problema è cosa vogliamo fare per Roma. Per far questo ci dobbiamo dare dei metodi, penso che quello delle primarie in passato abbia funzionato: non è solo la corsa dei gruppi organizzati ma è un modo per ritornare tra i cittadini. Inoltre lo strumento delle primarie è un metodo deciso dal centro sinistra lì dove non ci sia un’unica candidatura.
L’assemblea romana del PD ha votato recentemente a favore di questa scelta per le elezioni di Roma. Io credo che, poiché non c’è una convergenza unitaria della coalizione su un nome, l’iter delle primarie possono rappresentare un ottimo strumento per scegliere. Purtroppo abbiamo verificato spesso le dinamiche che Nicola Zingaretti, a cui è andata la nostra solidarietà, ha denunciato nelle sue dimissioni da segretario del Pd: logiche personalistiche e di potere che impediscono la valorizzazione delle novità`, bloccano non solo il partito, ma l’intera coalizione, allontanano i cittadini dalla partecipazione e da un’idea positiva della politica. Non siamo mai entrati in beghe o polemiche, ma oggi ci auguriamo per il bene della democrazia e del Paese che si apra una fase nuova in cui sia valorizzata una proposta plurale del centrosinistra, che rispetti e valorizzi l’apporto di tutti.
Un “partito con le porte aperte e non il partito del potere”, come annunciato dal nuovo segretario Enrico Letta, è un’ottima premessa. E Demos farà la sua parte nella coalizione di centrosinistra”.