Il 27 marzo scorso, Roma ha compiuto 150 anni come capitale d’Italia. Ma di certo non ne ha più l’aspetto di una Capitale. Questo da diverso tempo e sempre per colpa delle amministrazioni precedenti. Sempre per colpa di qualcun altro.
CULTURA | Come storica dell’arte e soprattutto come romana (per metà) da oltre sette generazioni, sono profondamente amareggiata dallo sciattume, dall’ignoranza, dalla supponenza che dilaga e dalla non curanza della maggior parte degli aspetti che rendono una città la Capitale di un paese. Certamente è lo specchio del momento che stiamo vivendo.
La mancanza di risposte da parte delle istituzioni ai problemi quotidiani e ordinari ha accresciuto la cultura individualista facendo maturare una gestione sostanzialmente anarchica della città. Credo che sia proprio da qui che bisogna ripartire. Dalla nostra Capitale, perché possa tornare a raccontare con il suo splendore, al mondo intero, quanto meraviglioso è ancora questo paese.
Servono programmi sociali, culturali che riconnettano le persone al territorio, alla sua storia e al rispetto. Serve riprogrammare in questa direzione i servizi educativi, perché una città è fatta dai cittadini che la abitano e perché si rispetta ciò che si conosce e ci appartiene. Serve una visione, tanta determinazione e coraggio per attuarla, indipendentemente dallo schieramento politico. Perché Roma è una questione nazionale e trasversale. Questo mi piacerebbe sentir dire ai candidati sindaco.
Questo pensavo mentre ero seduta ad attendere l’intervento di Paolo Ciani candidato per i DEMOS alle primarie del centrosinistra. Mi era capitato di ascoltarlo casualmente in un’intervista alla radio e ho deciso di approfondire perché oltre a essere romano da diverse generazioni è laureato in storia dell’arte ed “esperto di politiche socio-sanitarie, abitative, d’immigrazione ed educazione alla pace”.
Così leggo sul suo volantino. Lo ascolto. Con voce pacata e preparata ha raccontato della necessità di ricostruire una comunità, di ritrovare il senso di unità perché la pandemia ci ha fatto capire ancor di più che la cultura individualista non è vincente. Vanno date risposte rapide ai problemi ordinari dai trasporti ai rifiuti, al verde, alle buche. Di contro il cittadino va ri-educato alla città interrompendo la ormai nota, sindrome della finestra rotta. Per questo aprire un tavolo permanente con le associazioni di quartiere per aiutare e incentivare la loro attività e anche per porsi in ascolto. Per fare questo nel migliore dei modi va alleggerita quella stratificazione di competenze multiple che si sono costruite negli anni e che rendono impossibile un dialogo tra le istituzioni come ad esempio, parlando di beni culturali, tra musei civici e musei statali, tra soprintendenze e sovrintendenze.
La frammentazione di competenze è un problema delle istituzioni che non interessa ai cittadini ma sui quali grava la difficoltà. La stessa difficoltà che rende Roma poco attraente per gli investitori e la filantropia culturale. Roma deve puntare a valorizzare al meglio il suo brand che ha delle potenzialità enormi e non bisogna avere paura di mettere in campo iniziative che puntino a questo.
C’è moltissimo da fare per rigenerare il tessuto sociale e la città. Il prossimo sindaco avrà due grandi strumenti finanziari a disposizione quelli del Recovery Fund e quelli per il prossimo Giubileo, i primi ben strutturati per rinnovarsi su alcuni grandi assi, per i secondi sono già previsti dei commissari che affiancheranno il sindaco per una più dinamica amministrazione. Questi i temi che più mi hanno colpito perché a me più vicini.