di Paolo Ciani su Huffingtonpost
Nei giorni scorsi è diventata virale una foto profondamente sbagliata proveniente dall’Ucraina: una bambina che imbraccia un grande fucile mentre mangia un lecca lecca sulla porta di casa. Non è il simbolo della resistenza al male, ma parte di quel male.
Nei giorni scorsi molti quotidiani hanno dato grande risalto a una foto proveniente dall’Ucraina: una bambina che imbraccia un grande fucile mentre mangia un lecca lecca sulla porta di casa. “Foto simbolo del conflitto”, è stata definita, con abbondante superficialità. A mio avviso è uno dei segnali peggiori di quello che la propaganda di guerra costruisce.
Le armi sono strumenti di morte e i bambini non dovrebbero mai imbracciarle. Peraltro la foto dà un messaggio edulcorato della guerra: quella bambina assomiglia più ad una giovane cowgirls nel suo ranch, che a una soldatessa in un luogo di guerra. Purtroppo le storie vere e le immagini reali dei bambini in guerra le conosciamo bene: innanzitutto profughi, a milioni in giro per il mondo (e tanti in questi giorni ne abbiamo visti lasciare l’Ucraina con le loro mamme). E poi mutilazioni, fame, malattie, tanti orfani, troppi morti.
Ci sono poi i bambini soldato, quelli con le armi, piccoli corpi sotto grandi mitragliatrici, file di proiettili sopra vestiti laceri. Bambini kamikaze, bambini bomba, bambini mandati in campi minati. Bambini la cui vita sembra non valga nulla. Quei bambini soldato per cui da anni ci scandalizziamo e combattiamo, perché siano liberati, possano ritrovare la loro vita, possano finalmente superare lo choc di aver ucciso e visto morire.
I loro racconti danno la misura della realtà: la guerra è un mostro incredibile, brutto, cattivo, tremendo. Anche questa guerra in Ucraina lo è, e non dobbiamo fare l’errore di pensare che sia diversa. Tanti stanno soffrendo del crimine scatenato da Putin nella loro terra, ma non sarà dare le armi ai bambini che migliorerà tanta sofferenza, semmai la peggiorerà.
Tutto ciò che va verso un messaggio di “normalizzazione” della guerra è propaganda: non c’è alcuna normalità nella guerra. Così l’immagine di una bambina col fucile deve solo rattristarci e far riflettere una volta di più sull’inumanità della guerra. E non è il simbolo della resistenza al male, ma parte di quel male. E poco importa che la foto l’abbia scattata il papà: le armi servono ad uccidere e mai vanno messe in mano ad un bambino. Proviamo a resistere alle smanie belliciste.
Sono andato a rileggere in questi giorni il dibattito alla Costituente che ha portato all’articolo 11 della nostra Costituzione e a quel “ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. Mi ha colpito che quell’articolo lo abbiano contribuito a scrivere non “anime belle” o “buonisti”, ma ex partigiani che le armi le avevano imbracciate ed usate poco tempo prima e che la guerra la conoscevano bene. Sarà per questo che l’hanno ripudiata per sempre!