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Codice di Camaldoli, 80 anni dopo: da una società cristianizzata a una secolarizzata.
Quel documento sul cattolicesimo democratico: ne parlano Ciani, Bonetti, Bindi e Damilano
In un mondo in guerra, il Codice di Camaldoli, documento fondamentale del cattolicesimo democratico italiano, assume un valore ancora più importante. Lo ha ricordato l’incontro “Per dare un’anima alla democrazia: l’impegno dei cattolici in politica a 80 anni del codice di Camaldoli”, che si è tenuto lunedì nell’aula magna dell’Università per Stranieri di Perugia.
All’incontro hanno partecipato Paolo Ciani deputato alla camera e segretario di Democrazia Solidale (DemoS) e Elena Bonetti ex ministra per le pari opportunità e della famiglia e leader del movimento politico Popolari Europeisti Riformatori (PER), Rosy Bindi ex ministra per le politiche per la famiglia, Marco Damilano, giornalista, saggista, conduttore televisivo e opinionista italiano e il rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Valerio di Cesaris.
I relatori hanno sottolineato come il Codice di Camaldoli, con i suoi principi di dignità della persona, uguaglianza e solidarietà, sia ancora oggi un documento di grande attualità.
Valerio De Cesaris, nel suo benvenuto iniziale ha individuato due elementi attuali che secondo lui si dovrebbero affrontare: «l’unità dei cattolici in politica e la centralità della persona».
L’unità dei cattolici in politica è stata un elemento fondamentale per la Democrazia Cristiana, rivelando come oggi sia una sfida ancora più complessa. «L’unità è considerata ineludibile», ha detto De Cesaris, «ma è difficile da raggiungere in un contesto politico frammentato e polarizzato».
Il rettore ha poi sottolineato l’importanza della centralità della persona, che è stata un elemento fondamentale del pontificato di Pio XII. «Nel 1943», ha detto De Cesaris, «la Chiesa ha compiuto un salto molto importante, passando dalla difesa dei diritti della Chiesa alla difesa delle persone, in particolare delle più vulnerabili».
«Il Codice di Camaldoli è una perla per il futuro dell’Italia», ha dichiarato Rosy Bindi. «In un momento terribile come la guerra, questi giovani hanno messo al servizio del paese la loro politica, la loro capacità umana, per pensare al futuro dopo la guerra. Non solo per combattere il nazi-fascismo, ma per dare un futuro, un domani all’Italia».
Il documento, che si ispira alla visione cristiana della persona umana, pone al centro della sua riflessione la dignità e i diritti di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro fede religiosa. Rosy Bindi ha sottolineato che il Codice di Camaldoli «è ancora oggi di straordinaria attualità, soprattutto in un contesto di guerra come quello attuale».
«Il Codice di Camaldoli è una difesa della dignità, dei diritti, della laicità», ha proseguito Rosy Bindi. «È una premessa del concetto di laicità che poi si è affermato con il Concilio Vaticano II. È una visione cristiana della persona umana che cerca di ricostruire la storia di un intero paese».
L’onorevole Paolo Ciani, segretario di DemoS e vicecapogruppo del PD al Parlamento italiano, ha poi parlato della necessità di difendere le istituzioni e la Costituzione.
«La nostra Costituzione va applicata», ha detto Paolo Ciani. «In questo si può arrivare anche a un patriottismo costituzionale».
Osservando poi l’eccessiva personalizzazione della politica, che ha portato alla divisione del paese. «Partiti che diventavano personalismo, partiti padronali, partiti che avevano nel proprio simbolo il nome del proprietario del partito. Il partito – ha chiarito Paolo Ciani – deve avere la sua orizzontalità, perché deve rappresentare tutti. Perché un partito leaderista e personalista in un tempo di forte individualismo – ha detto ancora l’onorevole – è un limite e un attacco alla democrazia.
Paolo Ciani ha concluso affermando come «c’è stato un divorzio o una separazione della politica e la cultura», individuando come questo sia «il dramma oggi della politica». Perché in un mondo in cui tutto scorre con un like, «il rischio è pensare che così già sappiamo tutto, invece bisogna studiare, leggere, confrontarsi».
Il deputato ha poi concluso augurandosi che tutti, cristiani e non, possano essere «testimoni credibili», cioè «persone che vivono ciò che credono e che vivono quello che hanno appreso e che questo si possa trasformare in azione politica».
Rosy Bindi ha anche espresso la sua preoccupazione per la frammentazione del mondo cattolico italiano, che rende difficile trovare un’unità politica e sociale. «L’unità è rivolgersi alla nostra carta costituzionale». «Per molti anni c’è stata una unità elettorale, ma l’unità politica si è sempre costruita su molti strati complessi».
L’ex ministra Bindi ha concluso affermando che la difesa della Costituzione è l’unica cosa che può fare la differenza per i cattolici in politica.
Marco Damilano, invece ha riferito come la Democrazia Cristiana, che ha dominato la scena politica italiana per decenni, ha rappresentato un punto di riferimento per la laicità e la politica della Chiesa cattolica. Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta, la Chiesa ha iniziato a esercitare un controllo sempre più stretto sulla politica, codificando una delega che non esisteva.
«Questo ha portato a un rapporto di dipendenza tra la Chiesa e la politica, con la Chiesa che ha fornito una visione del mondo e un’identità ai partiti di centrodestra». Secondo Marco Damilano, questo rapporto ha contribuito a una «regressione della democrazia italiana, in quanto ha impedito ai cittadini di formarsi un’opinione indipendente sulla politica».
Marco Damilano ha anche criticato la mancanza di cultura politica in Italia. Secondo lui, «la formazione politica è stata quasi inesistente negli ultimi anni, e questo ha portato a un’erosione della democrazia». I cittadini, infatti, «sono sempre meno in grado di comprendere le complessità della politica, e questo li rende più vulnerabili alle manipolazioni».
Marco Damilano ha concluso affermando che «la regressione della democrazia italiana è un fenomeno complesso, ma che la mancanza di cultura e formazione è un fattore importante». Per invertire questa tendenza, «è necessario investire nella formazione politica dei cittadini e promuovere una cultura del dialogo e della mediazione».
«Il Codice di Camaldoli è un documento che ha contribuito a formare la nostra democrazia», ha aggiunto Elena Bonetti che il cattolicesimo politico deve recuperare il «linguaggio dell’umanità» e dell’unità. «La politica è un’esperienza umana, che riguarda tutte le persone, non solo i cattolici», ha detto. «Dobbiamo mettere in atto lo sguardo dei cattolici in politica con consapevolezza e centralità, ma senza dimenticare che siamo parte di una comunità più grande».
In particolare, Elena Bonetti ha sottolineato la necessità di recuperare il dialogo tra i cattolici, che in passato è stato spesso polarizzato. «Abbiamo perso il senso di unità», ha detto. «Il cristianesimo è una comunità, che si basa sull’unità nella pluralità. Dobbiamo recuperare questa esperienza nella politica».
Elena Bonetti ha anche invitato i cattolici in politica a «rianimare spazi politici» per contribuire a processi di dialogo e costruzione di consenso, perché «la democrazia è fragile».
«Riflettere sul Codice di Camaldoli è importante e questa è un’occasione per farlo, ma deve crescere e arricchirsi», ha detto Ciani. Ha ricordato come il Codice sia «nato in un momento di crisi, di democrazie e di guerra, e ha il merito di aver messo al centro il tema della pace e della giustizia sociale. Tuttavia, è necessario che il documento venga ulteriormente discusso e sviluppato, per trovare risposte concrete alle sfide che la società contemporanea ci pone».
In particolare, Paolo Ciani ha sottolineato la necessità di approfondire il tema del passaggio da una società cristianizzata a una società secolarizzata. «Cosa vuol dire essere un cristiano in politica in una società che non è più cristiana?», ha chiesto. «È una domanda che non possiamo più eludere».
«Veniamo da anni di bipolarismo in un sistema elettorale di cui è difficile non essere tirata da una parte o dall’altra», ha detto Paolo Ciani. Ricordando come «questo ha portato alla nascita di partiti che si identificano solo con una parte dello spettro politico, senza riuscire a rappresentare le istanze di tutti i cittadini». «Abbiamo avuto dei partiti che hanno millantato principi e valori cristiani, ma poi non li hanno vissuti», ha detto. «Questo ha portato alla confusione e alla disillusione di molti cristiani, che non si sentono rappresentati dalla politica».
In conclusione, Valerio Di Cesaris, ha lanciato un appello per superare le divisioni e costruire un «Noi grande» – «troppo spesso si tende a creare divisioni tra noi e voi, tra studenti di diversi paesi e lingue». Questa tendenza, ha sottolineato il rettore, è «dannosa e controproducente».
«La nostra università è una comunità multiculturale e multilingue, in cui studenti da tutto il mondo vengono a studiare e a crescere insieme», ha ricordato Valerio Di Cesaris. «In questo contesto, è fondamentale superare le divisioni e costruire un Noi grande, in cui tutti si sentano a casa e possano contribuire alla crescita dell’università».
Il Codice di Camaldoli, redatto nel luglio del 1943, è un documento che pone al centro la persona umana e i suoi diritti fondamentali. In un contesto internazionale caratterizzato da guerre e conflitti, i principi di pace, giustizia e solidarietà contenuti nel Codice assumono un valore ancora più importante.
L’incontro di Perugia ha rappresentato un’occasione per riscoprire il valore del Codice di Camaldoli. Un documento che, a 80 anni dalla sua stesura, è ancora oggi un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono costruire un mondo migliore.