http://www.huffingtonpost.it/paolo-ciani-/non-si-predichi-piu-lodio-contro-i-migranti_b_10860138.html?utm_hp_ref=santegidio-2016
L’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, nigeriano,
commesso ieri nelle Marche ci obbliga a fermarci. Emmanuel, come sua moglie
Chimiary, era cristiano, fuggito dal suo Paese, la Nigeria, per sottrarsi alle
persecuzioni e alla violenza di Boko Haram: una violenza tremenda che, secondo
le prime ricostruzioni, gli ha distrutto la famiglia uccidendogli i genitori e
una figlia. Una coppia da proteggere, difendere, accogliere, anche nell’ottica
demagogica di chi propaga e gode del presunto scontro di civiltà. Anche se
nella propaganda populistica italica, quando chi scappa approda sulle nostre
coste, diventa “invasore”, “presunto profugo”, usurpatore di diritti e welfare
sottratti a qualcun altro. Così i cristiani e le altre vittime di persecuzione
sono “utili” finché sono lontani, finché si deve parlare male degli “altri” di
“fuori”.
Emmanuel e sua moglie sono arrivati in Italia-Europa, culla
del cristianesimo, della civiltà e del diritto, per provare a vivere. Emmanuel
in Italia-Europa è stato ucciso per razzismo, non da un ultrà (“sostenitore
fanatico di un club sportivo”), ma da un omicida razzista, che prima aveva
insultato pesantemente sua moglie. Se – come appare evidente – ci sono legami,
contiguità o comune appartenenza, tra “ultrà” e gruppi di estrema destra xenofobi,
razzisti, violenti, chiamiamo le cose con il loro nome.
Ventisette anni fa, il 24 agosto del 1989, un altro africano,
Jerry Essan Masslo, profugo sudafricano, venne ucciso in Italia, a Villa
Literno. La Comunità di Sant’Egidio lo conosceva bene, avendolo accolto a Roma.
Jerry fuggiva dall’apartheid sudafricano, sistema di segregazione razziale
istituito dagli europei nel suo Paese. In tanti in quegli anni manifestavano e
si battevano in Europa per la fine di
quel sistema iniquo e la morte di Jerry fu uno choc. L’Italia si scoprì
razzista e i media e l’opinione pubblica diedero grande risalto alla sua
vicenda. Jerry in un’intervista al Tg2 aveva dichiarato: “Avere la pelle nera
in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è
fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede
altro che solidarietà e rispetto”. Queste parole all’indomani dell’uccisione
di Emmanuel sono un macigno. Si vergognino coloro che ancora fomentano razzismo
e divisione a fini politici o di piccoli tornaconti personali. Ci sono esponenti
politici che in questi anni hanno definito la ministra Kyenge scimmia:
esattamente l’insulto che l’omicida di Fermo ha rivolto alla moglie di Emmanuel
prima di colpirlo a morte. Esattamente lo stesso insulto che tante donne
africane hanno sentito rivolgersi in autobus, al mercato o in strada.
Il razzismo non è un gioco, è un crimine pericoloso,
propellente che genera violenza minuta, che inficia la convivenza quotidiana di
società con molteplici identità, che mette a rischio la vita di quartieri e
città, che può esplodere fino all’omicidio, ai raid incendiari. Abbassa il
livello di umanità e civiltà del nostro Paese.
Oggi bisogna solo stringerci accanto alla moglie di Emmanuel,
Chimiary, consolarla e chiederle scusa e con lei costruire un’Italia più giusta
e umana per tutti.