Caro direttore,
gli ultimi dati demografici pubblicati dall’Istat, seppure provvisori e relativi ai soli primi mesi del 2019, necessitano di qualche riflessione supplementare e tanto più mentre – tra slanci e retromarce sulle politiche per la famiglia – si discute della Manovra 2020. Infatti, nel primo quadrimestre del 2019 la diminuzione della popolazione è stata addirittura maggiore di quella registrata negli stessi mesi del 2018 (76mila contro -65mila) e in particolare il saldo naturale (-100.373 unità) incide ancora di più in senso negativo. Questo è il quinto anno consecutivo di diminuzione ininterrotta della popolazione, a motivo della forte denatalità e di flussi migratori che sempre meno raggiungono il nostro Paese e che sempre più lo depauperano delle sue forze più giovani e intraprendenti. È un panorama assai poco incoraggiante. Si fanno sempre meno figli. Arrivano sempre meno immigrati, come sanno bene i datori di lavoro (in ambito familiare, nell’agricoltura, nella ristorazione) che cercano lavoratori e non riescono a trovarli. Aumenta il numero degli italiani che non trovano qui la propria strada e decidono di cercare fortuna all’estero. I demografi avevano da tempo lanciato l’allarme e solo due mesi fa, a chiusura del bilancio demografico 2018, l’Istat, tendenzialmente molto cauto nell’esprimere giudizi, ha parlato letteralmente di «declino demografico». Dal 2015, infatti, si sono persi più di 400mila residenti, più di una città come Bologna. Ed ecco ora scomparire la popolazione di una città come Asti.
Nelle scorse settimane sono rimasto allarmato leggendo il volume ‘Italiani poca gente’ del demografo Antonio Golini. Le sue analisi e quelle degli altri studiosi di popolazione, al pari dei documentati approfondimenti e i richiami che “Avvenire” propone da tempo, parlano chiaro: l’Italia è il Paese europeo con il più basso tasso di natalità e il più fortemente invecchiato. Inoltre, la crescita degli anni passati era dovuta esclusivamente all’immigrazione. Oggi, prima la crisi economica, poi il freno posto al fenomeno migratorio – che non solo scoraggia e limita gli arrivi, ma spinge molti dei nuovi italiani a proseguire il loro progetto migratorio altrove – fa sì che diminuisca il numero di quanti puntano sul nostro Paese per costruire il proprio futuro. Così è anche per tanti giovani italiani, che trovano all’estero una speranza di vita migliore. Un flusso che non sembra arrestarsi, anzi è in aumento anche nel primo quadrimestre del 2019, con più di 5mila emigrati in più rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. A conferma che la propaganda sull’invasione degli immigrati fa passare in secondo piano un problema sicuramente più vero e urgente, quello degli italiani che vanno via. Dal punto di vista della dinamica naturale, la struttura ormai data della nostra popolazione, anche nei dati Istat appena pubblicati, non fa che confermare la diminuzione delle nascite (-2.675) e l’aumento dei decessi (+2.740). Di fronte a questo scenario, anche Democrazia Solidale sente l’urgenza di ragionare e finalmente decidere. Servono politiche coraggiose e di lungo periodo per poter incidere efficacemente sulla denatalità, certo non bastano interventi sporadici che al massimo possono essere considerate misure (giuste) di lotta alla povertà. Serve anche una diversa cultura dell’accoglienza per ricostruire un clima di integrazione per i nuovi italiani. Serve una maggiore attenzione ai giovani perché possano restare e riacquistare fiducia nel proprio Paese e non rimandare la costruzione di una propria famiglia, altra concausa della bassa natalità. Serve una maggiore attenzione alla popolazione anziana, che ha ormai raggiunto il 22,8% del totale, approssimandosi ai 14 milioni.
Le prime proposte formulate dal governo – in particolare quelle su asili nido e il lavorìo per l’Assegno Unico, da tempo proposto dal Forum delle associazioni familiari, e indicato espressamente dal premier Conte, dalla ministra per la Famiglia Bonetti e da altri esponenti del governo e della maggioranza – vanno nella direzione giusta. Servono politiche strutturate, che andranno realizzate e implementate, a livello nazionale e anche locale, perché la sfida demografica non è più rinviabile. E va affrontata ora.
Coordinatore di Democrazia Solidale (Demos)