Ma resta la grande sofferenza (ANSA) – ROMA, 20 FEB – Durante l’incontro in carcere a Budapest con il deputato Paolo Ciani, Ilaria Salis ha “testimoniato una grande sofferenza dopo un anno in cella, soprattutto relativamente ai primi mesi in isolamento”. Ma gli ha detto che “nell’ultimo mese, da quando si sono accesi maggiormente i riflettori in Italia, ha notato un miglioramento nel trattamento in carcere”. Lo racconta all’ANSA lo stesso Ciani, segretario di Demos e vicecapogruppo Pd alla Camera. “Ad esempio, mi ha detto che hanno aggiustato una finestra – riferisce il deputato – anche solo piccole cose ma ha notato un miglioramento”.
Salis dal carcere, ‘Continuate a occuparvi di me’ Visita del deputato CIANI, condizioni migliori dopo il clamore (di Giampaolo Grassi) (ANSA) – ROMA, 20 FEB – Un vecchio palazzo nel centro di Budapest. Basta guardarlo per capire perché prima la Ghestapo e poi il regime comunista lo avevano scelto per rinchiuderci i prigionieri. Ilaria Salis è là dentro. Divide la cella con 7 detenute. Grazie a un lavoro diplomatico portato avanti “nella dovuta discrezione”, il deputato Paolo CIANI ha potuto varcare la porta del carcere di massima sicurezza di Gyorskocsi Ucta, per incontrare Ilaria nella stanza dei colloqui. Sono da poco passate le 14. CIANI aspetta pochi minuti, poi vede arrivare Ilaria: è scortata, ma stavolta non ha le catene. “Le ho spiegato che sono andato a trovarla in quanto parlamentare che rappresenta la Nazione – racconta CIANI – Lei mi ha detto: ‘Mi raccomando onorevole, continui ad occuparsi di me’. Io l’ho sentito come un appello all’Italia”. Perché l’attenzione al caso le ha giovato. “Da quando si sono accesi maggiormente i riflettori in Italia – spiega CIANI – ha notato un miglioramento nel trattamento in carcere”. CIANI è segretario di Demos – una realtà legata a Sant’Egidio – eletto alla Camera col Pd. E’ riuscito a ottenere il colloquio con Ilaria grazie anche all’intervento dell’ambasciata italiana. L’incontro è durato un’ora: all’inizio con l’ambasciatore. Poi, per cinquanta minuti, CIANI è rimasto faccia a faccia con Ilaria. Lei ha 39 anni. E’ un’insegnante di scuola elementare. E’ detenuta in Ungheria dall’11 febbraio del 2023 con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di alcuni manifestanti di estrema destra. Le immagini di lei in catene nell’aula di un tribunale ungherese hanno scosso. “Ilaria ha testimoniato una grande sofferenza dopo un anno in cella – ha detto CIANI -. Soprattutto relativamente ai primi mesi in isolamento”. Negli ultimi mesi ci sono stati miglioramenti. Ma pochi: “Ad esempio – spiega il parlamentare – mi ha detto che hanno aggiustato una finestra. Solo piccole cose, ma ha notato un miglioramento”. Ilaria guarda avanti: “Aveva voglia di parlare dell’oggi e del domani, ma nel colloquio è venuto fuori anche l’anno trascorso. Mi ha detto che il suo desiderio è di avere i domiciliari in Italia, ma ha capito che il percorso possono essere i domiciliari qui a Budapest, quindi spera di poter accedere il più presto possibile a questa misura. Il tema è dove. Per questo i genitori avevano già degli appuntamenti per cercare un appartamento in affitto a Budapest”. E poi il timore per quel che succederà in tribunale: “Un’altra preoccupazione di Ilaria Salis è avere un processo equo, perché si parla di pene che possono andare dai 2 ai 24 anni”.
Questa è una situazione in cui è necessario essere forti”. A dirlo Ilaria Salis, in un colloquio ieri nel carcere di massima sicurezza a Budapest con Paolo CIANI, segretario di Demos, riportato in prima pagina sul Messaggero e su La Stampa.
“Spero di ottenere gli arresti domiciliari anche qui a Budapest perché possa essere una tappa che mi consenta di essere trasferita in Italia” è il succo delle sue frasi riportate dal Messaggero. “Non penso sia giusto chiamare in causa il pericolo di fuga – assicura -, perché sono una persona con una famiglia, un compagno, un lavoro. Non ho intenzione di scappare”. “Mi hanno detto – confida a CIANI – che qui vicino è comparso un murales che mi ha molto colpito negativamente. Spero qui si possa avere un processo giusto”