Sono stato colpito dalle
parole del cardinale Bassetti del 22 maggio 2018: mi sono sentito molto
confortato, in particolare quando ha affermato che «chi si impegna
nell’amministrare la cosa pubblica deve ritornare a essere un nostro
figlio prediletto: dobbiamo mettere tutta la forza che ci resta al
servizio di chi fa il bene ed è davvero esperto del mondo della
sofferenza, del lavoro, dell’educazione». Quando abbiamo deciso di dar
vita a un nuovo progetto politico, tanti ci hanno spinto a fare questo
passo, convinti che tra gli eletti dovesse esserci anche almeno ‘uno di
noi’, cresciuto e formatosi alla scuola del Vangelo e della Chiesa.
Così, di fronte allo smarrimento e alladelusione
di tanti, anche credenti, dinanzi alla politica, riconoscere e
incoraggiare chi si impegna per il bene comune anche in virtù della
propria fede, come il presidente della Cei ha fatto con forza, è
un’indicazione e un incoraggiamento importante. Cosa fare oggi? Non si
tratta, a mio avviso, di tornare a formule del passato: c’è da
comprendere nel profondo la realtà dell’oggi e pensare al futuro.
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